La settimana scorsa è scivolata via abbastanza velocemente, fra una ricerca col soccorso nella tormentata campagna attorno a Tivoli (i campi da quelle parti sono pieni di piccole forre di tufo) e una fastidiosa influenza gastrica che mi ha tenuto a casa per qualche giorno. Nonostante tutto ho corso e mi sono attenuto alla tabella del coach senza sgarrare troppo.
Sabato esercitazione al Circeo sulla più alta parete arrampicabile nel Lazio (oltre 250 metri) e domenica dedicata al prelievo da Ikea del nuovo letto per la mia piccoletta che ormai ha dieci anni suonati e il prossimo fine settimana se ne andrà con la sua squadra di nuoto per ben tre giorni a Chianciano Terme a gareggiare e divertirsi per la prima volta senza i suoi genitori. Quest’ultimo evento, oltre a farmi riflettere sul tempo che avanza inesorabile, mi ha fatto pensare sulle profonde diversità manageriali che evidentemente esistono fra nuoto ed atletica in Italia, due sport che sembrano quasi appartenere a due paesi diversi. Le strutture natatorie italiane non saranno il massimo ma rispetto ai campi di atletica sembra di entrare in un ambiente di lusso. Un mesetto fa mi recai alla piscina di Pomezia e rimasi sbalordito di quant’è bella e ben congegnata questa struttura realizzata coi soldi dei mondiali organizzati l’anno scorso. Stessa cosa mi capitò di pensare quando in occasione della maratona di Roma passai davanti alla nuova struttura dell’Aniene a due passi dalla moschea araba. Ora so bene quali scandali si celano dietro a questi appalti e che il marcio in Italia è ormai spalmato ovunque, ma almeno abbiamo delle strutture all’avanguardia in grado di produrre dei tecnici competenti e conseguentemente anche dei nuotatori di livello internazionale.
L’atletica leggera, invece, sembra un ambiente anestetizzato che da trent’anni (forse anche più) non riesce più a confrontarsi col mondo esterno. Alle gare l’età media dei partecipanti è inesorabilmente sopra i 35-40 anni, i giovani non fanno nemmeno più i giochi della gioventù e anche quei pochi che ne avessero voglia si ritrovano a fare i conti con strutture per allenarsi sono a dir poco fatiscenti.
A tal proposito, l’ennesima beffa per noi appassionati di Roma Sud c’è stata stamattina: gli spogliatoi di Caracalla rimarranno chiusi per due mesi, ovvero tutto giugno, tutto luglio e ad agosto, come tutti gli anni, chiuderà per ferie l’intera struttura. In poche parole rimarremo per tre mesi senza un posto dove farci la doccia. Con queste premesse c’è da meravigliasi se l’Italia non partorisce più degli atleti di livello?